Case number | CAC-ADREU-004498 |
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Time of filing | 2007-05-03 12:54:18 |
Domain names | assembleedidio.eu |
Case administrator
Name | Tereza Bartošková |
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Complainant
Organization / Name | Assemblee di Dio in Italia |
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Respondent
Organization / Name | n26 di Vito Marinelli Ditta Individuale, Vito Marinelli |
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Inserire i dati su altri procedimenti legali, che secondo le informazioni della Commissione sono pendenti o risolti e che si riferiscono al nome a dominio controverso
Non sembra che vi siano altri procedimenti o contenziosi già instaurati tra le parti sulla denominazione ASSEMBLEE DI DIO
Situazione reale
La ricorrente Chiese Cristiane Evangeliche Assemblee di Dio in Italia con sede in Roma il 23.04.2007 propone ricorso per la riassegnazione del dominio “assembleedidio.eu ” registrato dal Sig. Vito Marinelli in data 30 dicembre 2006
A. Ricorrente
La ricorrente sembra rivendicare i seguenti diritti anteriori:
1) tre domini già da essa registrati quali assembleedidio.org; assembleedidio.com e assembleedidio.tv ;
2)la denominazione dell’ente Assemblee di Dio;
3)il diritto all’immagine e al nome della Associazione ex art. 6 del Codice Civile italiano.
A supporto di tali diritti la ricorrente allega lo Statuto dell’Ente; l’Atto costitutivo delle Assemblee di Dio in Italia, copia della registrazione del solo dominio Assembleedidio.org.
La ricorrente ritiene che il deposito del dominio contestato integri un atto di malafede in re ipsa, definendo l’Associazione Chiesa Cristiano Evangelica come una associazione “civetta” .
1) tre domini già da essa registrati quali assembleedidio.org; assembleedidio.com e assembleedidio.tv ;
2)la denominazione dell’ente Assemblee di Dio;
3)il diritto all’immagine e al nome della Associazione ex art. 6 del Codice Civile italiano.
A supporto di tali diritti la ricorrente allega lo Statuto dell’Ente; l’Atto costitutivo delle Assemblee di Dio in Italia, copia della registrazione del solo dominio Assembleedidio.org.
La ricorrente ritiene che il deposito del dominio contestato integri un atto di malafede in re ipsa, definendo l’Associazione Chiesa Cristiano Evangelica come una associazione “civetta” .
B. Resistente
Il resistente Vito Marinelli ritiene, invece, che la registrazione sia stata richiesta in buona fede in quanto fatta per conto dell’Associazione Chiesa Cristiana Evangelica Assemblee di Dio alla quale il dominio stava per essere trasferito. Ciò risulterebbe da mandato scritto della Associazione al Marinelli del 4.1.2007. L’Associazione in parola risulta inoltre essere licenziataria del marchio italiano Assemblee di Dio depositato presso l’UIBM il 14 settembre 2006 dal Sig.Cataldo Abbattista. e concesso in licenza alla Associazione stessa alla stessa data del 14 settembre 20006, come da copia licenza allegata.
Quindi contesta l’affermazione della mala fede e deposita a sostegno delle proprie controargomentazioni la licenza d’uso del marchio italiano e l’incarico conferito dalla Associazione al presente titolare di registrare, per conto dell’associazione stessa, vari domini gLTD relativi alla dicitura Assembleedidio tra i quali anche quello in contestazione.
Il resistente, quindi, dopo aver enunciato il principio fondamentale del sistema, cioè quello del “prima arrivato prima servito”, ricorda che il suo dominio doveva e deve ancora essere trasferito alla Associazione, proprio per il mandato ricevuto e perché la stessa risulta licenziataria di un diritto cartolare incontrastato cioè la domanda di marchio italiana sul segno ASSEMBLEEDIDIO nelle classi 41 e 45.
Quindi contesta l’affermazione della mala fede e deposita a sostegno delle proprie controargomentazioni la licenza d’uso del marchio italiano e l’incarico conferito dalla Associazione al presente titolare di registrare, per conto dell’associazione stessa, vari domini gLTD relativi alla dicitura Assembleedidio tra i quali anche quello in contestazione.
Il resistente, quindi, dopo aver enunciato il principio fondamentale del sistema, cioè quello del “prima arrivato prima servito”, ricorda che il suo dominio doveva e deve ancora essere trasferito alla Associazione, proprio per il mandato ricevuto e perché la stessa risulta licenziataria di un diritto cartolare incontrastato cioè la domanda di marchio italiana sul segno ASSEMBLEEDIDIO nelle classi 41 e 45.
Discussione e conclusioni
Appaiono, quindi, incontrastati sia la denominazione della associazione resistente che la domanda di registrazione di marchio italiana.
Non sembra che vi siano altri procedimenti o contenziosi già instaurati tra le parti sulla denominazione ASSEMBLEE DI DIO né per quanto riguarda la denominazione dell’associazione né in relazione agli altri domini esistenti apparentemente ottenuti dalla stessa Associazione né, infine, per quel che concerne il marchio italiano (in relazione al quale il resistente ha prodotto copia).
L’art 21.1 del Reg. 874/2004 del 28.04.2004 stabilisce chiaramente quali siano i diritti anteriori che possono giustificare un’azione di revoca da parte di un terzo e per meglio specificarne i limiti rinvia all’elenco esaustivo dell’art.10.1 secondo paragrafo dello stesso Regolamento.
In tale norma si indicano espressamente i diritti protetti.
Essi sono: “i marchi registrati … omissis…e, nella misura in cui siano tutelati dal diritto nazionale dello Stato Membro in cui sono detenuti, i marchi non registrati, i nomi commerciali, gli identificatori di imprese, i cognomi e i titoli distintivi di opere letterarie artistiche protette”.
La ricorrente non ha indicato e rivendicato alcun marchio registrato e neppure alcun marchio di fatto sulle parole Assemblee di Dio ma ha inserito tra le proprie scarne evidenze solo uno statuto societario e i dettagli della registrazione di un unico nome a dominio: “assembleedidio.org. Non vi sono evidenze in relazione agli altri domini rivendicati nel testo del ricorso.
Contrariamente al marchio registrato, i diritti di cui sopra, sono riconosciuti e protetti dall’ordinamento italiano (che è l’ordinamento dove sono detenuti i diritti rivendicati da entrambe le parti) nella misura in cui siano tutelati dal diritto nazionale.
L’art. 12.1.c. del Codice di Proprietà Industriale italiano stabilisce chiaramente che “…. Un segno già noto come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale” può togliere la novità del marchio successivamente registrato se può determinarsi un rischio di confusione a causa dell’identità o somiglianza tra i segni e dell’identità o affinità tra i prodotti identici.
Quindi i diritti invocati dal ricorrente andavano suffragati da una migliore e più completa documentazione probatoria sulla notorietà dei segni che, nel linguaggio giuridico della norma richiamata, significa uso non locale del segno. La documentazione sull’uso non locale, che doveva e poteva necessariamente essere prodotta solo dalla parte, visto che l’Arbitro, pur con lo strumento dell’art.7. (a) delle regole ADR non avrebbe potuto raccogliere stante le difficoltà insite in tale onere probatoria, avrebbe dovuto chiarire sia l’inizio d’uso che l’estensione geografica sia della denominazione ASSEMBLEE DI DIO che degli altri identificatori di impresa quali sono i domini anteriori comprendente il segno de quo.
Tali diritti senza le prove del loro uso, non locale, non hanno capacità di togliere la novità ad un marchio successivo e, a maggior ragione, non sono tali da divenire giustificazione giuridica per richiedere e ottenere il trasferimento di un dominio registrato da un terzo.
La ricorrente indica anche altri diritti che a suo modo di vedere sarebbero stati lesi (diritto all’immagine e al nome ). Questi diritti non sono ricompresi nell’art. 10.1 del Regolamento 874/2004 e quindi non possono essere accettati nell’ambito di un procedimento arbitrale come quello in parola fondato su diritti espressamente contemplati (come sopra spiegato). In ogni caso, anche in relazione a tali diritti, nessuna evidenza è stata presentata dalla ricorrente per provare da un lato la loro esistenza e dall’altro la loro lesione.
La ricorrente non ha infine dimostrato la mala fede del titolare. Essa ritiene che sia implicita nelle questioni descritte ma ciò non corrisponde a quanto richiesto dal Regolamento all’art 21.3. Tale norma indica infatti alcune fattispecie di mala fede più ricorrenti che il ricorrente deve provare.
Oltre alle semplici affermazioni e frasi di riprovazione, la ricorrente ha omesso di provare le circostanze previste dal Regolamento e persino quelle dedotte nello stesso ricorso.
L’arbitro pur avendo verificato l’esistenza del sito delle Assemblee di Dio in Italia non può sostituirsi alla stessa nel presentare prove (di una certa complessità probatoria) relative all’estensione geografico-temporale dell’uso/notorietà della denominazione de qua, del marchio di fatto (se esiste) e dei domini AEEMBLEEDIDIO citati nelle argomentazioni di parte ricorrente.
L’art 21.1 del Reg. 874/2004 del 28.04.2004 stabilisce chiaramente quali siano i diritti anteriori che possono giustificare un’azione di revoca da parte di un terzo e per meglio specificarne i limiti rinvia all’elenco esaustivo dell’art.10.1 secondo paragrafo dello stesso Regolamento.
In tale norma si indicano espressamente i diritti protetti.
Essi sono: “i marchi registrati … omissis…e, nella misura in cui siano tutelati dal diritto nazionale dello Stato Membro in cui sono detenuti, i marchi non registrati, i nomi commerciali, gli identificatori di imprese, i cognomi e i titoli distintivi di opere letterarie artistiche protette”.
La ricorrente non ha indicato e rivendicato alcun marchio registrato e neppure alcun marchio di fatto sulle parole Assemblee di Dio ma ha inserito tra le proprie scarne evidenze solo uno statuto societario e i dettagli della registrazione di un unico nome a dominio: “assembleedidio.org. Non vi sono evidenze in relazione agli altri domini rivendicati nel testo del ricorso.
Contrariamente al marchio registrato, i diritti di cui sopra, sono riconosciuti e protetti dall’ordinamento italiano (che è l’ordinamento dove sono detenuti i diritti rivendicati da entrambe le parti) nella misura in cui siano tutelati dal diritto nazionale.
L’art. 12.1.c. del Codice di Proprietà Industriale italiano stabilisce chiaramente che “…. Un segno già noto come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale” può togliere la novità del marchio successivamente registrato se può determinarsi un rischio di confusione a causa dell’identità o somiglianza tra i segni e dell’identità o affinità tra i prodotti identici.
Quindi i diritti invocati dal ricorrente andavano suffragati da una migliore e più completa documentazione probatoria sulla notorietà dei segni che, nel linguaggio giuridico della norma richiamata, significa uso non locale del segno. La documentazione sull’uso non locale, che doveva e poteva necessariamente essere prodotta solo dalla parte, visto che l’Arbitro, pur con lo strumento dell’art.7. (a) delle regole ADR non avrebbe potuto raccogliere stante le difficoltà insite in tale onere probatoria, avrebbe dovuto chiarire sia l’inizio d’uso che l’estensione geografica sia della denominazione ASSEMBLEE DI DIO che degli altri identificatori di impresa quali sono i domini anteriori comprendente il segno de quo.
Tali diritti senza le prove del loro uso, non locale, non hanno capacità di togliere la novità ad un marchio successivo e, a maggior ragione, non sono tali da divenire giustificazione giuridica per richiedere e ottenere il trasferimento di un dominio registrato da un terzo.
La ricorrente indica anche altri diritti che a suo modo di vedere sarebbero stati lesi (diritto all’immagine e al nome ). Questi diritti non sono ricompresi nell’art. 10.1 del Regolamento 874/2004 e quindi non possono essere accettati nell’ambito di un procedimento arbitrale come quello in parola fondato su diritti espressamente contemplati (come sopra spiegato). In ogni caso, anche in relazione a tali diritti, nessuna evidenza è stata presentata dalla ricorrente per provare da un lato la loro esistenza e dall’altro la loro lesione.
La ricorrente non ha infine dimostrato la mala fede del titolare. Essa ritiene che sia implicita nelle questioni descritte ma ciò non corrisponde a quanto richiesto dal Regolamento all’art 21.3. Tale norma indica infatti alcune fattispecie di mala fede più ricorrenti che il ricorrente deve provare.
Oltre alle semplici affermazioni e frasi di riprovazione, la ricorrente ha omesso di provare le circostanze previste dal Regolamento e persino quelle dedotte nello stesso ricorso.
L’arbitro pur avendo verificato l’esistenza del sito delle Assemblee di Dio in Italia non può sostituirsi alla stessa nel presentare prove (di una certa complessità probatoria) relative all’estensione geografico-temporale dell’uso/notorietà della denominazione de qua, del marchio di fatto (se esiste) e dei domini AEEMBLEEDIDIO citati nelle argomentazioni di parte ricorrente.
Per i motivi prevalentemente procedurali sopra descritti il ricorso è respinto.
Non sembra che vi siano altri procedimenti o contenziosi già instaurati tra le parti sulla denominazione ASSEMBLEE DI DIO né per quanto riguarda la denominazione dell’associazione né in relazione agli altri domini esistenti apparentemente ottenuti dalla stessa Associazione né, infine, per quel che concerne il marchio italiano (in relazione al quale il resistente ha prodotto copia).
L’art 21.1 del Reg. 874/2004 del 28.04.2004 stabilisce chiaramente quali siano i diritti anteriori che possono giustificare un’azione di revoca da parte di un terzo e per meglio specificarne i limiti rinvia all’elenco esaustivo dell’art.10.1 secondo paragrafo dello stesso Regolamento.
In tale norma si indicano espressamente i diritti protetti.
Essi sono: “i marchi registrati … omissis…e, nella misura in cui siano tutelati dal diritto nazionale dello Stato Membro in cui sono detenuti, i marchi non registrati, i nomi commerciali, gli identificatori di imprese, i cognomi e i titoli distintivi di opere letterarie artistiche protette”.
La ricorrente non ha indicato e rivendicato alcun marchio registrato e neppure alcun marchio di fatto sulle parole Assemblee di Dio ma ha inserito tra le proprie scarne evidenze solo uno statuto societario e i dettagli della registrazione di un unico nome a dominio: “assembleedidio.org. Non vi sono evidenze in relazione agli altri domini rivendicati nel testo del ricorso.
Contrariamente al marchio registrato, i diritti di cui sopra, sono riconosciuti e protetti dall’ordinamento italiano (che è l’ordinamento dove sono detenuti i diritti rivendicati da entrambe le parti) nella misura in cui siano tutelati dal diritto nazionale.
L’art. 12.1.c. del Codice di Proprietà Industriale italiano stabilisce chiaramente che “…. Un segno già noto come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale” può togliere la novità del marchio successivamente registrato se può determinarsi un rischio di confusione a causa dell’identità o somiglianza tra i segni e dell’identità o affinità tra i prodotti identici.
Quindi i diritti invocati dal ricorrente andavano suffragati da una migliore e più completa documentazione probatoria sulla notorietà dei segni che, nel linguaggio giuridico della norma richiamata, significa uso non locale del segno. La documentazione sull’uso non locale, che doveva e poteva necessariamente essere prodotta solo dalla parte, visto che l’Arbitro, pur con lo strumento dell’art.7. (a) delle regole ADR non avrebbe potuto raccogliere stante le difficoltà insite in tale onere probatoria, avrebbe dovuto chiarire sia l’inizio d’uso che l’estensione geografica sia della denominazione ASSEMBLEE DI DIO che degli altri identificatori di impresa quali sono i domini anteriori comprendente il segno de quo.
Tali diritti senza le prove del loro uso, non locale, non hanno capacità di togliere la novità ad un marchio successivo e, a maggior ragione, non sono tali da divenire giustificazione giuridica per richiedere e ottenere il trasferimento di un dominio registrato da un terzo.
La ricorrente indica anche altri diritti che a suo modo di vedere sarebbero stati lesi (diritto all’immagine e al nome ). Questi diritti non sono ricompresi nell’art. 10.1 del Regolamento 874/2004 e quindi non possono essere accettati nell’ambito di un procedimento arbitrale come quello in parola fondato su diritti espressamente contemplati (come sopra spiegato). In ogni caso, anche in relazione a tali diritti, nessuna evidenza è stata presentata dalla ricorrente per provare da un lato la loro esistenza e dall’altro la loro lesione.
La ricorrente non ha infine dimostrato la mala fede del titolare. Essa ritiene che sia implicita nelle questioni descritte ma ciò non corrisponde a quanto richiesto dal Regolamento all’art 21.3. Tale norma indica infatti alcune fattispecie di mala fede più ricorrenti che il ricorrente deve provare.
Oltre alle semplici affermazioni e frasi di riprovazione, la ricorrente ha omesso di provare le circostanze previste dal Regolamento e persino quelle dedotte nello stesso ricorso.
L’arbitro pur avendo verificato l’esistenza del sito delle Assemblee di Dio in Italia non può sostituirsi alla stessa nel presentare prove (di una certa complessità probatoria) relative all’estensione geografico-temporale dell’uso/notorietà della denominazione de qua, del marchio di fatto (se esiste) e dei domini AEEMBLEEDIDIO citati nelle argomentazioni di parte ricorrente.
L’art 21.1 del Reg. 874/2004 del 28.04.2004 stabilisce chiaramente quali siano i diritti anteriori che possono giustificare un’azione di revoca da parte di un terzo e per meglio specificarne i limiti rinvia all’elenco esaustivo dell’art.10.1 secondo paragrafo dello stesso Regolamento.
In tale norma si indicano espressamente i diritti protetti.
Essi sono: “i marchi registrati … omissis…e, nella misura in cui siano tutelati dal diritto nazionale dello Stato Membro in cui sono detenuti, i marchi non registrati, i nomi commerciali, gli identificatori di imprese, i cognomi e i titoli distintivi di opere letterarie artistiche protette”.
La ricorrente non ha indicato e rivendicato alcun marchio registrato e neppure alcun marchio di fatto sulle parole Assemblee di Dio ma ha inserito tra le proprie scarne evidenze solo uno statuto societario e i dettagli della registrazione di un unico nome a dominio: “assembleedidio.org. Non vi sono evidenze in relazione agli altri domini rivendicati nel testo del ricorso.
Contrariamente al marchio registrato, i diritti di cui sopra, sono riconosciuti e protetti dall’ordinamento italiano (che è l’ordinamento dove sono detenuti i diritti rivendicati da entrambe le parti) nella misura in cui siano tutelati dal diritto nazionale.
L’art. 12.1.c. del Codice di Proprietà Industriale italiano stabilisce chiaramente che “…. Un segno già noto come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale” può togliere la novità del marchio successivamente registrato se può determinarsi un rischio di confusione a causa dell’identità o somiglianza tra i segni e dell’identità o affinità tra i prodotti identici.
Quindi i diritti invocati dal ricorrente andavano suffragati da una migliore e più completa documentazione probatoria sulla notorietà dei segni che, nel linguaggio giuridico della norma richiamata, significa uso non locale del segno. La documentazione sull’uso non locale, che doveva e poteva necessariamente essere prodotta solo dalla parte, visto che l’Arbitro, pur con lo strumento dell’art.7. (a) delle regole ADR non avrebbe potuto raccogliere stante le difficoltà insite in tale onere probatoria, avrebbe dovuto chiarire sia l’inizio d’uso che l’estensione geografica sia della denominazione ASSEMBLEE DI DIO che degli altri identificatori di impresa quali sono i domini anteriori comprendente il segno de quo.
Tali diritti senza le prove del loro uso, non locale, non hanno capacità di togliere la novità ad un marchio successivo e, a maggior ragione, non sono tali da divenire giustificazione giuridica per richiedere e ottenere il trasferimento di un dominio registrato da un terzo.
La ricorrente indica anche altri diritti che a suo modo di vedere sarebbero stati lesi (diritto all’immagine e al nome ). Questi diritti non sono ricompresi nell’art. 10.1 del Regolamento 874/2004 e quindi non possono essere accettati nell’ambito di un procedimento arbitrale come quello in parola fondato su diritti espressamente contemplati (come sopra spiegato). In ogni caso, anche in relazione a tali diritti, nessuna evidenza è stata presentata dalla ricorrente per provare da un lato la loro esistenza e dall’altro la loro lesione.
La ricorrente non ha infine dimostrato la mala fede del titolare. Essa ritiene che sia implicita nelle questioni descritte ma ciò non corrisponde a quanto richiesto dal Regolamento all’art 21.3. Tale norma indica infatti alcune fattispecie di mala fede più ricorrenti che il ricorrente deve provare.
Oltre alle semplici affermazioni e frasi di riprovazione, la ricorrente ha omesso di provare le circostanze previste dal Regolamento e persino quelle dedotte nello stesso ricorso.
L’arbitro pur avendo verificato l’esistenza del sito delle Assemblee di Dio in Italia non può sostituirsi alla stessa nel presentare prove (di una certa complessità probatoria) relative all’estensione geografico-temporale dell’uso/notorietà della denominazione de qua, del marchio di fatto (se esiste) e dei domini AEEMBLEEDIDIO citati nelle argomentazioni di parte ricorrente.
Per i motivi prevalentemente procedurali sopra descritti il ricorso è respinto.
Decisione Arbitrale
Per le ragioni di cui sopra, la Commissione in conformità alle Regole ADR, par. B12(b) e (c) ha deciso di
respingere la pretesa del Ricorrente
respingere la pretesa del Ricorrente
PANELISTS
Name | Massimo Cimoli |
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Data della Decisione Arbitrale
2007-07-19